Luciano telefona a Vittorio…
“Ho letto il tuo ultimo libro, "Un confessionale, un gatto giallo… e una cattleya":
è talmente reale, che ti volevo chiedere se è una storia accaduta davvero…”
L’autore risponde:
“Sono stato in Colombia, e proprio durante quel viaggio, è nata l’ispirazione per questo noir tra sacro e profano. Ovviamente la vicenda delittuosa è solo frutto di fervida fantasia. I luoghi citati, compreso il curioso gatto giallo e il cane segugio, esistono veramente. Ad esempio, nel capitolo ‘Stefano e Botero’, ho descritto un rinomato locale situato nel centro di Cartagena, in cui sono stato personalmente. Anche quando parlo della ‘roggia’, del ‘Cantinone’, della ‘pescheria’ ed anche della ‘sartoria’, mi riferisco a luoghi realmente esistiti nella mia città natale. Ho anche inserito, qua e là, episodi e aneddoti, che hanno costellato il mio cammino di vita…
Adesso sto scrivendo un romanzo "MARCHIATO A FUOCO" che partirà da un omicidio accaduto nella Villa Mayer. Ti ricordi degli ebrei che l’hanno popolata nell’esodo del dopoguerra?”
Luciano, dall’altro capo del filo:
“Eccome, anzi ti dirò di più… lo sai che mia madre ha lavorato in quella villa come collaboratrice domestica? Conservo una statua che le era stata donata da quella facoltosa famiglia ebrea, i famosi Mayer…”
Vittorio, con entusiasmo:
“Le coincidenze vanno a braccetto con ogni scrittore che creda nel fato… posso scattare una foto a quel prezioso dono?”
Luciano, con simpatia:
“Ti sto aspettando…”